A Chifra, nel nord dell’Etiopia, “andare dal medico” non è un’opzione. Qui, dove le distanze si misurano in giorni di cammino e la terra si spezza sotto il peso della siccità, il diritto alla salute è un miraggio che pochi possono raggiungere. È un territorio difficile, abitato da pastori nomadi che vivono della loro terra e del loro bestiame. Ma è anche un luogo dove le storie di resilienza e speranza si intrecciano ogni giorno.
Come la storia di Adawuka Mukna, che incinta del suo sesto figlio, affronta una gravidanza difficile e piena di rischi. Dall’inizio ha avuto problemi: perdite di sangue, malessere e paura costante per la salute del bambino che porta in grembo. Ma il centro sanitario più vicino è a oltre 50 chilometri di distanza, un viaggio impossibile per lei e la sua famiglia. “Quando ho iniziato a perdere sangue, ho temuto per il mio bambino,” racconta Adawuka. “Ma non potevamo permetterci il viaggio, e così ho aspettato.”
Ogni mese, però, la speranza si materializza sotto forma di una tenda bianca che appare nel villaggio. È la ospedale da campo di Amref, un'unità mobile che porta medici, strumenti e farmaci direttamente nelle comunità più remote e marginalizzate.
La tenda diventa immediatamente il centro del villaggio.
Donne con i bambini in braccio, anziani e giovani si radunano sotto il sole cocente, in attesa di un controllo, un vaccino, una medicina. Per Adawuka, è l’occasione di ricevere le cure prenatali che altrimenti non avrebbe potuto ottenere. “Quando ho saputo che sareste venuti, mi sono sentita sollevata. Non devo più affrontare il viaggio impossibile,” dice con un sorriso carico di speranza.
Chifra si trova al confine con il Tigray, una regione segnata da anni di conflitti. Ma non è solo la guerra a mettere alla prova la resistenza di questa comunità: la siccità, la peggiore degli ultimi decenni, costringe le famiglie a spostarsi continuamente alla ricerca di pascoli per il bestiame.
Adawuka vive in una capanna fatta di tessuti e canne, circondata da una distesa infinita di terra arida. Qui, ogni scelta è una scommessa: curare un malessere o comprare da mangiare. “Molte persone nel nostro villaggio non stanno bene, ma non possiamo permetterci di andare in ospedale. La siccità ha portato via tutto,” racconta. Eppure, sotto quella tenda bianca, per qualche ora, le distanze si accorciano.
Henok Sitatow è uno degli operatori sanitari che partecipano alle missioni mobili. Ogni mese, viaggia per chilometri per portare cure a chi non può spostarsi. Per lui, il lavoro è una missione: “Quando aiuto una donna a prevenire complicazioni in gravidanza o a ricevere una cura, provo una gioia profonda. È una soddisfazione sapere che il mio lavoro fa la differenza.”
Henok ha visitato Adawuka, misurato la sua pressione, ascoltato il battito del bambino e le ha somministrato un’iniezione per prevenire infezioni. Per lui, ogni visita è un passo verso un futuro più sano per queste comunità. “In luoghi come questo, dovremmo avere un centro sanitario entro 15 chilometri, ma qui il più vicino è a 60 chilometri. È nostro compito colmare questa distanza.”
Le unità mobili non solo portano cure mediche, ma educano le comunità sulla prevenzione e offrono servizi come vaccinazioni, pianificazione familiare e assistenza postnatale. In un contesto di estrema povertà, dove ogni risorsa è preziosa, rimuovono le barriere economiche e logistiche che separano le persone dalle cure.
Mentre Adawuka torna a casa sotto il sole, con due dei suoi figli al fianco, porta con sé una nuova speranza. La sua gravidanza è ancora un’incognita, e probabilmente partorirà a casa, assistita da un’ostetrica tradizionale. Ma il supporto ricevuto le dà forza: “Vorrei partorire nel modo più sicuro, ma ora mi sento più fiduciosa. Credo che il mio bambino arriverà sano.”
A Chifra, il diritto alla salute non è garantito. Ma grazie ad Amref, ogni mese qualcuno torna a casa con un po’ di speranza in più.
Perché, a volte, non è il paziente che va dal medico, ma la salute che arriva da chi ne ha più bisogno.